Toc toc

Sono tornato dopo dieci anni. Me n’ero andato per questo viaggio e me ne ritorno partendo dall’inizio. Un maestro genovese mi ha ispirato con un’aggiunta:

“ Il peso del mondo
è amore.
Sotto il fardello
di solitudine
sotto il fardello
dell’insoddisfazione

il peso,
il peso che portiamo
è amore “

Ginsberg aveva ragione. Siamo in tanti a sentirci sotto il fardello della solitudine. E’ questo un tempo fra i tempi, il tempo dei tempi. Un tumulto. Siamo nella catastrofe e proviamo un giusto imbarazzo a volerci ballare.

Questa mattina mi alzo, infilo in bocca un cucchiaio di miele di castagno, il gatto mi guarda ancora incartato. L’appartamento è abbastanza in ordine, vorrei farci dei ritocchi ma tanto poi non lo farò. Guardo il quadro di Einstein che lo ritrae a guardarci. Parte la musica dell’anarchico genovese. Fuori e’ un raro giorno di aria pulita. Il cielo è azzurro e qui finisce la descrizione da romanzo. Sono tornato a scrivere e voglio essere diretto, poche virgole oggi. Punti.

Siamo in tanti e ci sentiamo pochi. Siamo incazzati e non capiamo se è l’ego o se abbiamo ragione.

Le ferite dei deserti, dei naufragi e delle guerre. Della tratta e della violenza. Non è più per sentito dire, non è più la voce di un docente. Ho toccato tutto, sto vivendo tutto e lo dobbiamo dire per davvero: siamo coinvolti e se lo respiri almeno per un attimo non torni indietro.E infatti non torni più. Si va avanti.

Per questo motivo portiamo il fardello della solitudine anche se siamo in tanti, e prego per quel che vuol dire. Invoco il genovese anarchico che per primo ha riunito gli strumenti di tutto il mediterraneo in Creuza de ma. Siamo soli, sono forti, ci sentiamo deboli.

Non dobbiamo cedere alla paura o a quel chissà che cosa capita agli adulti. Questa puzza stantia di moderazione. Di mediazione.Torno al kollettivo.

Sono Palestinese. Sono Eritreo. Sono Maliano. Sono Sud Sudanese. Sono Somalo. Sono Siriano. Sono Curdo. Sono Afghano. Sono sulla rotta balcanica. Sono ad Aghadez. Sono sopra ad una jeep senz’acqua. Sono a Gaza. Sono in un carcere libico. Sono in tanti posti che non riuscirò mai a citare.

E pure, con tutti questi sono, non mi sono ancora trovato. Continuo a scartare le facce sicure di chi ha già capito tutto e mi sorprendo di trovare senso fra i tanti che continuano a non capire.

Siamo in tanti in fondo al pozzo a guardare il cielo.

Ben ritrovati compagni, sempre dalle stessa parte ci siamo beccati: maledetta questa parte sempre al sole. Sempre al vento. Sempre a mezzogiorno.

Verso i laghetti del rio Cicala, Genova

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