I BISCOTTI DANESI DEL KF

UN GHJORNU, UNA CANZONA, Marc’Andria Castellani

COSA Trasmissione radiofonica corsa di approfondimento musicale e culturale attraverso la canzona corsa.

CHI Marc’Andria Castellani

QUANDO in corso

Disponibile su francebleu.fr

Questa trasmissione non è in italiano. Ma neanche in francese. Il presentatore racconta in lingua corsa, in 5 minuti circa per episodio, la storia e la cultura corsa attraverso le canzoni.

La canzona d’autore corsa – dagli influssi sia popolari che colti e dai contenuti soprattutto politici e identitari, ma con una sensibilità particolare per le storie di oppressione e lotta per la libertà anche al di fuori della Corsica – è qui contestualizzata e approfondita dal presentatore in modo interessante e non privo di ironia.

N.B. L’ascolto in lingua corsa è una sfida, ma per gli italofoni che abbiano un po’ di familiarità con qualche dialetto italiano è sorprendentemente possibile seguire il filo del discorso anche senza preparazione specifica. In ogni caso una prova interessante per gli appassionati di lingue.

Soledad

Insegnare non è cOoL

Abbiamo sete di sapere, vogliamo bere
Ce ne faremo un mestiere, perché sapere è potere

Assalti Frontali, Cattivi maestri

Generalmente – nei video comici che girano sui social, ad esempio, o nei discorsi superficiali al bar o alla cena di Natale – la categoria degli insegnanti è percepita come un blocco unico caratterizzato da passività, da un’ottusa perpetuazione di regole, nozioni, linguaggi e modalità imposte dall’alto e dalla conseguente cecità davanti ai problemi dei singoli alunni o alle necessità della società contemporanea.
Però, se si prova a chiedere a chiunque di ripensare, tra tutti gli insegnanti che ha avuto, a qualcuno che abbia lasciato un ricordo profondo e un’impronta nella sua vita, ne nominerà sicuramente uno o più. Spesso l’influenza di quella personalità, quel modo di insegnare o le scoperte fatte grazie a quell’insegnante continua nell’età adulta, e ripensarci non rimanda che a sensazioni piacevoli e alla consapevolezza di essere diventati chi si è anche grazie al contributo di quella persona.
Si delinea quindi immediatamente non più un blocco cieco e senza pietà di insegnanti da contraddire e deridere, ma una galassia di esperienze diverse, non prive di senso ed episodi formativi importanti.

Ok fine del pippone, mi serviva da introduzione a quello che in realtà volevo dire.

La questione è, ci interessa cercare di cambiare la rappresentazione della categoria degli insegnanti? Riconoscerne il ruolo chiave e la dignità, professionalmente e umanamente – dato che in questo lavoro le due cose vanno necessariamente insieme?
Secondo gli Assalti Frontali sì, e molte loro canzoni da un certo momento della loro storia in poi riguardano la scuola e il suo superpotere, quello di insegnare alle giovani menti gli strumenti per formarsi e andare nel mondo in modo autonomo e consapevole.
Un paio di mesi fa, durante un loro concerto in un paesino sperduto della campagna veneziana (ma con un festival con i controcazzi), con il loro parlare di scuola con grande rispetto e amore sono riusciti a commuovermi (ok è stata anche la sindrome premestruale, ma non importa), perché senza saperlo, in quel momento avevo un grande bisogno di discorsi del genere verso il mio lavoro.
Volenti o nolenti, insegnare non è solo una prestazione da svolgere; se fatto bene è anche una missione, e chi se ne fa carico ha bisogno di motivazione tanto quanto gli alunni che stanno dietro ai banchi.
E quindi la sera del concerto ha inaspettatamente scatenato delle riflessioni perché, anche se apparentemente non ci stavo pensando più, qualche giorno prima ero stata a un grande evento formativo per neoassunti delle scuole superiori, ossia professori e professoresse perlopiù giovani, anche se non del tutto inesperti. Per via della rarità di concorsi per entrare in ruolo, infatti, la maggior parte dei partecipanti aveva già alle spalle diversi anni di insegnamento; proprio per questo io e altri colleghi siamo rimasti molto delusi dalle scelte dei formatori per quell’incontro che chiudeva un anno di preparazione al ruolo. Per lanciarci verso l’inizio di una lunga carriera, hanno infatti deciso di focalizzarsi sui rischi del mestiere, sulle insidie dei comportamenti troppo amichevoli con gli alunni o del nostro modo di rivolgerci a loro, con aneddoti al limite del “non si può più dire niente”, arrivando anche a sconsigliarci vivamente – e in qualsiasi caso – di entare in contatto fisico con i nostri alunni, neanche per un abbraccio consolatore in caso di crisi, cosa che ahimè succede spesso.
Posto che purtroppo moltissimi, soprattutto le ragazze, possono citare almeno un professore che durante il loro percorso scolastico ha avuto atteggiamenti assolutamente non professionali se non propriamente maschilisti o addirittura pedofili, ad un evento del genere avrei trovato molto più incoraggiante ricevere fiducia e ascoltare aneddoti luminosi della vita degli insegnanti; di certo non ci aspettavamo minacce velate e sospetto verso la nostra professionalità.

Pochi giorni dopo, al concerto, ho trovato finalmente nelle parole di Militant A quello che i colleghi formatori non avevano avuto il coraggio di comunicarci: il fatto, cioè, di credere fortemente nella scuola e in particolare nell’azione degli insegnanti, tutti diversi – per fortuna! – ma con gli stessi princìpi quali l’attenzione e la cura verso il percorso personale di ogni alunno, la volontà di stimolare la crescita dei ragazzi invece di dettarla, la partecipazione attiva al processo di insegnamento-apprendimento. Per non parlare del contatto col territorio e il profondo ancorarsi alla realtà contemporanea. Per fare questo ha deciso di cantarci un pezzo dedicato al ricordo di Simonetta Salacone, ex dirigente di una scuola romana da lei rivoluzionata a partire dai concetti di inclusione e comunità; una storia d’ispirazione e di legittimazione per chi fa questo lavoro (per approfondire clicca qui).
Tutto il contrario, quindi, dell’immagine del tipico insegnante che vediamo attraverso i media più popolari e che ci può anche far sorridere, ma che a pensarci più a fondo non fa che dare eco a una generalizzazione superficiale e inverosimile, in cui chi insegna non si riconosce affatto.

– Soledad

Mon ami Donnie Darko

L’estate dei film

La mia prima vera estate di autonomia è stata quella tra la fine delle medie e l’inizio delle superiori. Avevo tanto tempo, due amiche con lo stesso nome e una vecchia bicicletta bianca. Ci salivo la mattina e tornavo la sera, con in borsa solo gli occhiali da sole (quelli che con G. e G. avevamo tutte e tre uguali, ma di colori diversi), l’i-pod da ascoltare in due, con una cuffietta a testa e il telefono che tanto non avremmo usato.

Quell’estate G. – quella alta, eccentrica e con la battuta sempre pronta – ha fatto una proposta che ci avrebbe cambiato la vita: guardare un film nuovo ogni giorno. E così abbiamo iniziato, e non ricordo tutti i titoli né per quanto tempo abbiamo resistito, ma ricordo l’obbligatoria tappa al Blockbuster per noleggiare i DVD e comprare i popcorn e il salotto moderno e luminoso di G. in cui ci sedevamo sul tappeto, davanti alla TV.

È stata l’estate del mio primo film horror, che mi ha terrorizzato per anni fino al momento in cui, un paio d’anni fa, ho deciso di riguardarlo per esorcizzarlo e ho scoperto che non faceva più paura (peccato).

È stata l’estate di Gus Van Sant e Donnie Darko, per noi ex emo bullizzate che cercavamo un’identità (trovando un certo conforto) in libri, film e serie disturbanti che hanno alterato per sempre i nostri neuroni.

Non le amiche, ma questo bagaglio emotivo, più gli enormi occhiali bianchi e le converse scarabocchiate a penna, sono quello che mi rimane di quei mesi da quando Blockbuster ha chiuso e abbiamo smesso di passare i pomeriggi sedute sulla staccionata dello skate-park.
Grazie G. per i film e per tutte le avventure!

E dall’ansia del tempo che passa è tutto,

Soledad

Paranoid Park, Gus Van Sant (2007)
Donnie Darko, Richard Kelly (2001)
The Orphanage, Juan Antonio Bayona (2007)

I BISCOTTI DANESI DEL KF

UNA SIGARETTA ACCESA AL CONTRARIO, Tea Hacic-Vlahovic

COSA Una sigaretta accesa al contrario (romanzo)

CHI Tea Hacic-Vlahovic

QUANDO 2023

In questo romanzo autobiografico Tea Hacic-Vlahovic – sotto lo pseudonimo di una ragazza con un altro nome a tre lettere, Kat – ci ricorda come si ragiona da adolescenti, quando le priorità hanno un ordine tutto diverso rispetto a quando si è adulti, ma non per questo si prendono meno seriamente i propri obiettivi.

Una lettura che ti passa davanti agli occhi come un film, o come una graphic novel punk, scarabocchiata e in bianco e nero.

Soledad

I BISCOTTI DANESI DEL KF

CEMENTO

Autori Eleonora Sacco, Angelo Zinna

Creazione Podcast “Cemento”

Dove Anchor, Spotify, Apple Podcasts, Google Podcasts

Un podcast di viaggi. Viaggi nello spazio – verso i territori dell’ex URSS – e un po’ anche nel tempo.

Gli autori infatti ci raccontano le destinazioni insieme alla loro storia comune, quella dell’Unione Sovietica; lo fanno attraverso tutta la varietà di etnie, tradizioni e piatti tipici che le caratterizzano, ma anche attraverso quegli aspetti che incredibilmente riescono ad accomunarle tutte, anche se distanti migliaia di chilometri: la lingua russa, gli spomeniki, l’architettura brutalista ma anche molte altre particolarità meno conosciute…

Buon ascolto e buon viaggio,

Soledad

ALBUM DELLA SETTIMANA: Moonstone

— Moonstone

Eccomi qui, un po’ come Grace nella quinta stagione di Skins, a provare per la prima volta (dai seconda, ma è lo stesso) ad andare al concerto di una band metal e – inaspettatamente – ad entrare in fissa.

“First time for everything”


Moonstone – Moonstone
2019 Galactic SmokeHouse
Doom metal

Skins stagione 5, episodio 2

Soledad

INTRECCI DI GUERRA: “il sogno di pace degli alpini” a Vicenza

Vicenza e provincia si stanno preparando all’imminente adunata nazionale degli alpini.

Stanno spuntando bandierine tricolore dappertutto, sui lampioni e alle finestre, volantini sulle bacheche di quartiere, cartelloni di benvenuto sulle rotatorie. Ogni giorno c’è un dettaglio nuovo che dovrebbe addobbare la città e renderla festosa, ma che invece mi dà una sensazione opprimente di presagio (quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sull’anima… diceva il poeta): cosa succederà?

Per il week-end dell’adunata sono previste 500 mila persone in città, mentre gli abitanti di Vicenza non sono neanche 120 mila. Parchi, palestre, svariati spazi pubblici, oltre ovviamente a strade e piazze, saranno a disposizione di quest’orda sproporzionata di persone.

Per quel fine settimana molti vicentini, tra cui io, stanno organizzandosi una vacanzina per scappare lontano dalla propria città. Tanto più che persino tutte le scuole dell’intera provincia (!) saranno chiuse per l’occasione. Il fatto è che per quei tre giorni Vicenza non apparterrà affatto a chi ci vive e lavora, e guidare o passeggiare in città sarà come minimo scomodo se non spiacevole.

Non so esattamente che argomenti abbiano i cittadini sostenitori dell’iniziativa in favore di questa invasione, ma posso immaginare qualcosa tipo l’orgoglio nazionale – boh? – o un’occasione per fare festa – stra boh, visto che ricordiamo tutti benissimo le vicende dell’adunata di Rimini 2022 (anzi no, dimenticavo, ci sono anche i negazionisti delle denunce per molestia). Penso che in cambio di queste belle aspettative avremo solo piscio sui muri dei palazzi storici e svariati approcci indesiderati a donne e ragazze (in bocca al lupo a tutte le cameriere vicentine).

Oltre alle bandierine che spuntano come funghi (o brufoli), comunque, l’atmosfera si fa sempre più tesa anche grazie alle notizie delle splendide e coinvolgenti iniziative collaterali all’adunata. Come l’incoraggiamento coatto, fatto a tutte le scuole da parte del provveditorato agli studi, a visitare il Gardaland delle armi, ossia la Cittadella degli Alpini, per mostrare agli alunni gli equipaggiamenti militari a disposizione delle truppe alpine dell’esercito. Proposte e opportunità didattico-pedagogiche a riguardo? Un altro enorme BOH a interpretazione libera.

Concludo invitando tutti i lettori a partecipare con gioia al mercatino di Intrecci di Pace, che durante l’adunata offrirà lavoretti fatti a mano a tema alpini (cappelli con la penna fatti al crochet o qualcosa del genere), e che permetterà di raccogliere fondi per progetti scolastici su nonviolenza ed educazione all’affettività. Così i ragazzi e le ragazze potranno dimenticare eventuali traumi legati alla visita alla Cittadella della Guerra e a episodi di catcalling alpino. Tutto sotto controllo!

(Non) ci vediamo l’11 maggio,

Soledad

IL FILM DEL SABATO: Pane e tulipani (2000)

Pane e tulipani

Regia Silvio Soldini
Sceneggiatura Doriana Leondeff, Silvio Soldini
Genere Commedia
Italia/Svizzera, 2000, 114′

Colori vivi, tanti fiori, un bicchierino di liquore Strega alla sera, quartieri poco noti di Venezia.

Non serve altro per rendere questo film uno dei miei preferiti.

Soledad

IL FILM DEL SABATO: Persepolis (2007)

Persepolis

Regia Marjane Satrapi
Sceneggiatura Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud
Genere Animazione, biografico, drammatico
Francia, 2007, 95 min

Film per sempre necessario e commovente.

Realizzato dalla fumettista, regista e attivista Marjane Satrapi a partire dalla propria autobiografia a fumetti, uscita nel 2000, sulla sua vita in Iran a partire dalla sua infanzia (nel 1979 aveva dieci anni) fino all’età adulta.

Nelle ultime settimane è tornato nelle sale, distribuito nella sua versione restaurata dalla Cineteca di Bologna con il suo progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema. Giusto in tempo per osservare i grandi cambiamenti in corso in Iran nell’ultimo paio d’anni: le ribellioni coraggiose delle studentesse, le manifestazioni nelle strade, la fiducia nel futuro.

Personaggio preferito: la nonna – che con i suoi consigli solenni funge da Grillo Parlante alla nipote Marjane anche quando sono lontane – e i suoi fiori di gelsomino.

Soledad

I BISCOTTI DANESI DEL KF

LIMONI

Autrice Annalisa Camilli (Internazionale)

Opera Podcast “Limoni” (2020)

Dove Tutte le piattaforme di streaming

Il racconto del G8 di Genova vent’anni dopo, dal punto di vista di chi c’era.

Un podcast che chiarisce le premesse e il contesto storico in cui si sono svolti i fatti di Genova e che è perfetto, quindi, anche per chi della vicenda non sa ancora molto perché nel 2001 non era ancora nato o perché nessuno gliene ha mai parlato; ma risulta interessante anche per chi già sa, perché ben scritto e documentato, con interviste e tracce audio dall’archivio dei processi che seguirono il G8.

Soledad